Nell’anno complicato che tutti abbiamo vissuto una delle sofferenze che più mi ha colpita è stata la solitudine in cui sono morte molte persone e il dolore di chi non ha potuto salutarli o accompagnarli nel loro ultimo percorso. Questo senso di totale solitudine e abbandono, e la paura di finire dimenticati mi ha fatto venire in mente un’installazione di Gino Sabatini Odoardi, Senza Titolo con Polvere. Opera in cui l’artista omaggia con dignità le tombe di alcuni uomini illustri ‘per strappare più cose possibile all’oblio’.
Ho sempre avuto una certa emozione nell’andare a camminare nelle parti storiche dei cimiteri, ci sono lapidi che raccontano la vita o il motivo della morte di persone lì sepolte. Il mio pensiero e il mio moto dell’animo è sempre stato quello dell’omaggio a persone mai conosciute e lì in qualche modo dimenticate.
‘ La morte è inaccettabile e tutto il mio lavoro parte da lì, è come se la morte fosse un difetto fondamentale del mondo. Non puoi segnarla sull’agenda. Ti guardi intorno, la polvere si deposita e ti riguardi intorno con un’inquietudine infinita’.
Gino Sabatini Odoardi
Vive e lavora a Pescara dove si è diplomato al Liceo Artistico e successivamente studia Pittura all’Accademia di Belle Arti dell’Aquila . Maestri essenziali nel suo lavoro sono stati, Fabio Mauri (che frequentò dal 1995 al 2002 prima come studente poi come performer ed in seguito suo assistente), Jannis Kounellis (di cui è stato allievo in un seminario-laboratorio nel 1998 curato da Sergio Risaliti) e anche Carmelo Bene, che ebbe la fortuna di conoscere a l’Aquila.
Nei suoi lavori esiste una serialità in cui trasforma gli oggetti attraverso la termoformatura. Si tratta di una tecnica artistica da lui affinata già dai primi anni ’90, dove inserendo i suoi lavori in processo industriale, li fa avvolgere con il polistirene, ingabbiandoli, praticamente ibernandoli. Per fare questo la fabbrica deve fermare la sua produzione ordinaria e lavorare esclusivamente sui materiali portati dall’artista. Gino Sabatini Odoardi così attraverso il riscaldamento-sottovuoto-raffreddamento, blocca gli oggetti nel momento preciso della loro ri-creazione donandogli l’eternità in un ‘meccanismo dal fascino irreversibile’.
Oltre alla tecnica anche il colore ha una certa serialità, utilizza sempre il bianco come elemento di sottrazione, o il nero ‘che promuove la notte e non piange’ spezzato dal rosso che diventa interruzione alla consuetudine, una frattura alla pura armonia che utilizzata in modo regolare dona una sicurezza quasi consolatoria. Il binomio sacro-profano fa parte del concetto tematico e artistico di Gino Sabatini Odoardi, così come morte-vita per riuscire a rompere gli equilibri su dogmi dove in fondo risposte non ci sono.
Senza Titolo con Polvere è un’istallazione dedicata alla città di Napoli da lui realizzata al Pan nel 2015 in occasione della mostra Pieghe e Polvere, curata da Maria Savarese. L’artista individua un luogo nel cimitero Monumentale di Poggioreale chiamato ‘Quadrilatero degli illustri’ e facendo una sua ricerca individua 16 uomini tra scultori, poeti, musicisti e umanisti (come Benedetto Croce, Salvatore Di Giacomo, Ferdinando Russo, Raffaele Viviani, Gaetano Donizetti…), per andare a rendergli omaggio. Come nell’Antologia realista di Spoon River attraversa un viaggio nelle storie di questi personaggi.
Nel momento in cui arriva sul posto si trova davanti uno scenario di totale abbandono, dove arroganza e squallore regnano su quello che invece doveva essere rispetto e amore. Con discrezione e riguardo cerca i nomi dei suoi uomini sulle epigrafi ormai in totale degrado e immerse in una vasta vegetazione. Così Gino Sabatini Odoardi con dei fazzoletti bianchi di cotone e nominativi, inizia a togliere polvere. In un movimento di sana e religiosa umanità, l’artista sembra quasi asciugare le lacrime di quei poveri illustri, desolati dall’incuria e dal non ricordo. Carezze concrete che ‘sporcheranno di senso’ quei fazzoletti per diventare altro; una memoria per mettere in armonia l’uomo e l’universo. Andando forse alla ricerca di quel sublime che per Edmund Burke si fonda sul dolore, Gino Sabatini Odoardi in un gesto evocativo, mette in moto un rituale che poi diventa creazione. I fazzoletti con sopra le tracce di polvere vengono installati su fogli di polistirene e inglobati nei disegni in grafite di bicchieri (altro segno distintivo del suo lavoro), circondando così l’ineluttabile finitezza dell’essere umano contrapposta all’infinito che la circonda. La memoria che rende eterna la nostra esistenza.
Un uomo non muore mai se c’è qualcuno che lo ricorda. Ugo Foscolo
Serena Achilli